Tasso fisso e tasso variabile, le differenze di spread

di isayblog4 Commenta

Un gap di 50 punti base tra le due tipologie di finanziamento condiziona gli acquirenti. Perchè?

Il mercato dei mutu nel 2015 è stato trascinato in particolar modo dalle surroghe, ovvero da quelle operazioni con cui si trasferisce il mutuo presso un’altra banca (a costo zero) che offre condizioni migliori in confronto alle vecchie condizioni.

Sia che si tratti di surroghe che di nuovi mutui gli istituti indicano che in questo momento il tasso fisso ha sorpassato il tasso variabile nelle preferenze. Questo nonostante il tasso variabile costi oggi molto meno: siamo intorno all’1,6% contro un fisso che parte dal 2,2% (nelle migliori condizioni, ovvero quelle in cui si chiede un mutuo inferiore al 50% del valore della casa) per salire intorno al 3% (per mutui intorno all’80% del valore dell’immobile).

Dalla media degli spread praticati dalle banche secondo le elaborazioni di Crif emerge un dato eclatante e decisamente nuovo per il mercato dei mutui. In questo momento gli spread dei mutui praticati sul variabile (1,6%) sono decisamente più cari rispetto a quelli praticati sul tasso fisso (1,1%). Ricordiamo che il tasso finale si ottiene sommando allo spread, l’indice Euribor o il tasso Bce (per il mutuo a tasso variabile) e l’indice Irs (per il mutuo a tasso fisso).

Come mai le banche applicano una differenza di 50 punti base tra lo spread a tasso variabile e fisso? Ci sono almeno due ragioni. La prima è che l’Euribor è negativo dallo scorso febbraio (sia il tasso a 1 mese che quello a 3 mesi) e continuerà a scendere visto che il 3 dicembre scorso la Bce ha portato a -0,3% il tasso sui depositi delle banche nel conto della Bce (a cui in un certo qual modo l’Euribor, essendo anch’esso una espressione del costo del mercato all’ingrosso, è legato). Con un Euribor negativo – che molte banche non sottraggono come la logica vorrebbe allo spread nel calcolare il tasso finale dei nuovi mutui – molti istituti si coprono alzando lo spread.

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